a destra, sotto la foto, puoi cliccare sul progetto della Picenambiente, e scaricarlo in Pdf
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Immaginate l’aria che respirate depurata dagli scarichi di migliaia di caldaie, tante quante occorrono per scaldare l’acqua di settemila residenti. Immaginate di risparmiare sulla bolletta del gas. Immaginate tutto questo, e immaginate che, di colpo, non ci sia più. Questa è la storia del fallito “teleriscaldamento” a San Benedetto del Tronto.
ANTEFATTO Nel 2002 l’allora giunta Martinelli approvò il project financing “Sistemazione Area Discarica Comunale“: quindi la Picenambiente Spa costituì la Picenambiente Energia Spa e questa formò un’associazione temporanea di imprese con la F.lli Ronc Srl e la Sea Srl, ed elaborò uno studio di pre-fattibilità energetico-ambientale che prevedeva una serie di interventi che, al contempo, avrebbero posto in definitiva sicurezza la ex discarica in zona Ponterotto e fornito energia (trasformata in acqua calda), tramite una centrale a biomasse e un sistema di teleriscaldamento a una fetta importante della popolazione e delle strutture pubbliche sambenedettesi. Il comitato di quartiere Ponterotto si oppose, il suo presidente Sergio Pezzuoli cavalcò la protesta e nel 2006 venne eletto consigliere comunale (Pd), il sindaco Gaspari e l’assessore Canducci, dopo alcuni incontri coi cittadini, si videro «costretti» ad abbandonare il progetto.
I COSTI Essendo la Picenambiente una ditta privata, come la Sea e la F.lli Ronc, l’abbandono del progetto loro assegnato prevede dei costi da parte dell’amministrazione comunale. Il rimborso delle spese sostenute dovrebbe essere di 344.136 euro, ma a questi rischiano di aggiungersi gli altri previsti per la messa in sicurezza e bonifica della ex discarica. Tra Picenambiente e amministrazione comunale si sta tentando di giungere ad un accordo: invece che il pagamento del danno alla Picenambiente potrebbe essere
IL PROGETTO L’Impianto intercettava gli obiettivi del Piano Energetico Ambientale delle Marche, ovvero risparmio energetico, eco-efficienza energetica, uso di energie rinnovabili, e aveva ricevuto «pieno apprezzamento» dalla Regione Marche. La centrale termica sarebbe stata composta dall’interazione di: a) «fonti rinnovabili quali biomasse e gas estratto dalla ex discarica». Riguardo le biomasse, si sarebbe aperto un «circolo virtuoso concentrando l’offerta di biomasse (produzioni provenienti da residui agro-forestali)»; b) Sistema di Cogenerazione, ovvero l’uso di più sistemi di calore/energia da un’unica fonte; c) Teleriscaldamento: in questo modo il calore prodotto veniva distribuito agli edifici tramite una rete di tubazioni in cui fluisce l’acqua calda o il vapore.
La rete di riscaldamento, illustrata a pagina 5 dell’allegato Pdf, avrebbe riguardato l’area di Viale De Gasperi in quanto la più densamente abitata, e con essa gli edifici pubblici della zona. Quindi si stimava di fornire acqua calda a circa 7 mila abitanti e alle seguenti strutture pubbliche: Municipio, Centro Primavera, scuola media Curzi, scuola elementare Bice Piacentini, ospedale Madonna del Soccorso, Liceo Scientifico, Liceo Classico, Palazzo di Giustizia, clinica Villa Anna, residenza anziani San Giuseppe, scuole materne ed elementari Suore Concezioniste.
FUNZIONAMENTO La caldaia avrebbe utilizzato biomassa vegetale vergine stipata in appositi silos e derivante principalmente da potatura locale con consumo di circa 4-5 mila tonnellate annue dal bacino urbano e agro-forestale dell’intera provincia. Veniva così descritta a pagina 13: «Impianto con potenza termica di circa 5 Mwt, classificato come una delle tecnologie migliori per la riduzione degli inquinanti a livello mondiale, in quanto non emette sostanze inquinanti per l’ambiente». Il biogas (gas metano emesso dagli elementi in decomposizione della discarica) veniva «stimato con consumi per i primi anni di circa 1,5 milioni di metri cubi annui». Inoltre «l‘efficienza generale della cogenerazione porta ad una riduzione significativa delle emissioni di anidride carbonica e nell’uso del carburante di circa il 40% rispetto alla generazione separata». L’accumulo di acqua calda nella caldaia (90° C per circa 250 metri cubi), sarebbe servito per permettere un funzionamento costante dell’impianto di cogenerazione.
IL TRASPORTO DELL’ACQUA Sarebbe avvenuto nell’alveo dell’Albula. Come qualcuno ricorderà, sia nell’Albula che in viale De Gasperi comparvero per un non breve periodo dei tubi collettori neri, poi scomparsi. Ogni utente si sarebbe «allacciato alla rete e installato delle sottocentrali di scambio termico senza alcuna necessità di effettuare interventi di adeguamento», il tutto «dotato di avanzati sistemi di controllo a distanza»
I BENEFICI NEGATI Nel progetto di Picenambiente Energia gli ultimi capitoli sono dedicati ai vantaggi per gli utenti privati e pubblici, e a quelli ambientali generali. L’utente privato avrebbe avuto «garanzia di avere un impianto – anche per il futuro – sicuro, pulito e in conformità delle norme di legge, senza alcun vincolo normativo (prese d’aria, canne fumarie) da rispettare e in alcuni casi non si debbono più effettuare le richieste di certificazionii (Vigili del Fuoco, ecc); semplicità di gestione (basta una comunicazione per variare la programmazione del riscaldamento, che può essere diverso ogni giorno; controllo (che poteva essere automatico); garanzia di continuità del servizio, assistenza e affidabilità del sistema; assenza di incombenze di manutenzione in capo all’utente». Veniva inoltre eliminato «definitivamente il pericolo di incendio». Riguardo gli aspetti economici «prezzo molto concorrenziale dell’energia termica, assenza di costi per l’acquisto o rinnovo dell’impianto termico, assenza di costi di manutenzione, ottimizzazione dei consumi energetici, valorizzazione degli immobili, recupero dello spazio occupato dalla caldaia negli edifici con impianto centralizzato».
Per la collettività il vantaggio derivava da «risparmio energetico», «forti riduzioni di emissioni inquinanti e climalteranti in generale, sia per i maggiori rendimenti e le minori perdite di trasmissione elettriche, perché il cogeneratore è dotato di sistemi di controllo e gestione più avanzati rispetto ai generatori di calore dei singoli edifici». Ciò avrebbe comportato «la completa eliminazione di tutte le emissioni in atmosfera prodotte dai sistemi di riscaldamento civile nella zona più critica dal punto di vista ambientale, migliorando la qualità della salute pubblica; e poi «opportunità occupazionali» e «che dà visibilità e prestigio a San Benedetto anche per la rilevante vocazione turistica della città». Picenambiente Energia suggeriva di creare un «supporto didattico per comprendere i flussi di energia, attraverso un display o una pagina internet del Comune, che mostri in tempo reale e indichi il minor consumo di materie prime, il rendimento, le emissioni evitate».
Il tutto avrebbe portato ad un riduzione «di emissioni inquinanti e climalteranti, ad una minor dipendenza dall’estero per le fonti fossili», alla «creazione di nuove attività», alla «decongestione della rete di trasmissione elettrica».
I CONTRO Perché allora i cittadini di Ponterotto si opposero così fortemente? Vi era il timore che la centrale emettesse elementi inquinanti, cosa non possibile perché l’uso di biomasse può produrre quel che gli alberi producono ogni notte: solo anidride carbonica. E’ anche vero che qualcuno paventava che la produzione di metano dalla discarica, stimata in 1,5 milioni di metri cubi annui, fosse in realtà minore, dato che sono oramai quasi tre lustri che la discarica continua a liberare metano. Ma, ci permettiamo di aggiungere, seppure ci fosse stato, in futuro, l’uso di una parte di metano per la centrale di teleriscaldamento sarebbe stato, se centralizzato, più efficiente e meno inquinante di quanto avviene nelle tante singole abitazioni. Una forte opposizione era relativa al traffico di mezzi pesanti su via Manara, necessario per trasportare gli scarti vegetali. Qualcuno stimava che si trattasse di quattro camion al giorno, ma su questo non abbiamo dati certi.

E il punto è che in assenza di dati certi e di una corretta informazione sui costi/benifici economici ed ambientali, la scelta finale appare, a quanto si desume dalla progettualità allegata, scellerata.