SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Palmiro Merli, storico esponente della sinistra cittadina ed ex assessore, entra nel consiglio di amministrazione di Picenambiente, l’azienda mista pubblico-privato che gestisce il ciclo dei rifiuti.

Sinistra Ecologia e Libertà lancia frecciate al veleno e gli chiede di rinunciare all’incarico in virtù del suo impegno alle elezioni provinciali 2009 come candidato per la lista “Piceno al Massimo” di Massimo Rossi, leader della sinistra antagonista al Pd.

Ecco cosa affermano in una nota gli esponenti sambenedettesi di Sel, il cui alfiere è l’ex Ds Giorgio Mancini: «La nomina di Palmiro Merli riconferma ancora una volta l’utilizzo di criteri brutalmente politici e lottizzatori nel governo delle partecipate da parte dell’amministrazione Gaspari. Nel caso di specie poi l’operazione è connotata anche da forte ambiguità. Palmiro Merli è infatti il primo dei non eletti della lista “Piceno al Massimo”, che alle scorse provinciali si è posta in netta contrapposizione al Pd ed alle posizioni sulle vicende Rossi-Mandozzi espresse dallo stesso sindaco Gaspari. Il che potrebbe portare qualcuno a pensare ad un coinvolgimento in queste pratiche lottizzatorie anche del movimento politico di Massimo Rossi, cosa che possiamo escludere con certezza conoscendo le opinioni al riguardo dello stesso Rossi».

Per coerenza con il percorso politico comune fra Sel e Merli nel 2009, continua la nota, «ci sentiamo di chiedere a Palmiro Merli di rinunciare all’incarico».

E poi i “vendoliani” lanciano una proposta bella e suggestiva, ma sulla cui realizzabilità concreta non metteremmo affatto la mano sul fuoco. Nè la mano nè tantomeno un’unghia. Sentite cosa propongono:
«Invitiamo quindi l’amministrazione comunale ad affidarlo ad un giovane laureato in materie economiche e gestione aziendale da selezionarsi tramite avviso pubblico e valutazione dei curricula».

Utopia, anche se sarebbe bello. Di fatto, le aziende miste che offrono servizi pubblici sono in mano alla politica. Stanno a metà del guado, metà pubbliche e quindi dirette dalla politica, metà private e quindi poste sul libero mercato (ma solo in teoria). Infatti quasi sempre ricevono gli affidamenti dei servizi pubblici in house, cioè senza gara.

Insomma, un classico ibrido all’italiana. Da anni si parla di risolvere e definire la situazione a livello di leggi statali.

Piaccia o no, i Comuni sono soci azionisti di queste aziende e vogliono tenerne l’indirizzo politico affidandone i posti amministrativi ad esponenti politici di fiducia. Che, di solito, sono rimasti fuori dal novero degli eletti che escono dalle urne.