dal settimanale Riviera Oggi numero 811

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Gabriele Franceschini, 63 anni, è nato a Teramo e si stabilì a San Benedetto nel 1974 con moglie e due figli. Ex metalmeccanico, poi maestro elementare alla fine dei ’60, quindi funzionario delle Ferrovie dagli anni ’70 fino al pensionamento. Iscritto al Pci dal ’72 poi nel Pds. Esce dal partito quando dal logo scompare il simbolo della falce e martello. Entra in politica nel 1993 chiamato da Paolo Perazzoli a far parte della sua giunta in qualità di assessore alle Politiche Sociali e Sanità. Carica che ricoprirà per due mandati consecutivi. Dal 1989 fondatore e presidente della C.Ha.PP. (Comitato Handicappati Progetto Piceno) ovvero una associazione di famiglie con parenti diversamente abili. Portamento giovanile, sguardo acuto, Franceschini, a detta di conoscenti ed ex colleghi della politica è sempre stato uno che «non le manda certo a dire».

Riproponiamo un’intervista uscita alcuni giorni fa sul settimanale Riviera Oggi. In occasione del nostro approfondimento politico andato in streaming su Rivieraoggi.it, Perazzoli ha avuto modo di commentare il giudizio espresso da Franceschini sull’amministrazione Gaspari, parlando di “giudizio ingeneroso che risente di un amore interrotto”. Clicca qui e qui per il video.

Franceschini, cosa ricorda in particolare della sua esperienza come assessore alle Politiche Sociali?
«Tante e tante cose perché tutte, indistintamente, uniche e particolari. Questa esperienza è stata, dopo la mia famiglia, la più bella ed importante avventura della mia vita. Di per sé esaltante, mi ha arricchito di umanità, tolleranza, rispetto continuo degli altri. Mi ha insegnato un nuovo concetto di libertà, ovvero che ogni persona deve avere la sua opportunità, a prescindere dalla razza, lingua, sesso, religione, opinione, condizione personale e sociale. Detto questo, se proprio devo individuarne una, è senz’altro l’istituzione del “Servizio Risposte Alcologiche” nel 1994. Intuimmo, già da allora, nell’alcolismo la più pericolosa e subdola delle dipendenze con la quale avremmo avuto a che fare in un futuro più o meno prossimo. Per promuoverlo, ricordo che installammo un grosso tendone, nello spiazzo antistante il Palazzo Comunale, per uno spettacolo musicale con somministrazione di bevande non alcoliche ma anche birra a bassa gradazione non volendo dare l’impressione di un nuovo proibizionismo. Quella volta, fummo derisi persino da qualche giornalista. Tant’è!»
Potendo, rifarebbe tutto daccapo?
«Sì, migliorando però il tutto attraverso un percorso di rivisitazione ed attualizzazione di quei servizi e di quelle strutture alla luce delle innovazioni intervenute, delle mutate problematiche sociali e della crisi economica. Di sicuro non avrei proceduto, per la loro gestione, ad esternalizzazioni selvagge, pure se di evidenza pubblica, con notevolissimo aggravio dei costi che, a mio modesto parere, si sono rivelate velleitarie se non proditorie. Con danni irreparabili per alcuni attori del terzo settore e che, per semplici ed ovvie ragioni, vanno oggi a scaricarsi sulla qualità, sulla efficienza e sulla efficacia dei servizi stessi».
Un suo parere sulle giunte Martinelli e Gaspari?
«Le amministrazioni Martinelli e Gaspari sono le due facce di una stessa medaglia. Speculari ma alternative ed antagoniste come, e mi si passi l’analogia, i marciapiedi di Viale De Gasperi! Il discorso sarebbe lungo e spazioso ma, d’altro canto, il “nulla” non si commenta ma si registra. Di certo il sindaco Domenico Martinelli ha perso la grossa opportunità, in un contesto di favore dell’unificazione delle due case di cure private della nostra città al fine della creazione di un vero polo di eccellenza, pure attraverso un’accettabile variante del Piano Regolatore. Ciò nonostante, con obiettività, darei oggi a quella amministrazione un “quasi sufficiente”. Per quella di Giovanni Gaspari, una sincera e non malevola “insufficienza”».
E’ cambiato il modo di fare politica o è sempre lo stesso?
«Cambiato di gran lunga perché, in fondo, la politica la fanno le persone. Vedo una scarsa se non assente conoscenza dei problemi da parte degli eletti, incapacità di fare gruppo e, quindi, generare sostanza politica ed amministrativa. Per fare un esempio: orti ed orticelli da coltivare in difetto ed a discapito degli interessi generali. Assenza di programmazione, nessuna inventiva, larga deresponsabilizzazione, risultato: non un nesso né un filo conduttore. In generale, sono i novelli nipoti di Rameau, creandosi felicità con i vizi che gli sono naturali, che hanno acquisito senza fatica e che conservano senza sforzo».
Cosa ne pensa del fatto che all’Ospedale Civile della nostra città si dimettano direttori e primari uno dopo l’altro?
«Perché probabilmente non trovano il contesto ottimale tipo risorse, uomini, mezzi, strutture, per poter esprimere al meglio la loro professionalità. Il tutto aggravato e contorto dalla superbia della politica».
Che ricordo ha del sindaco Paolo Perazzoli della cui Giunta fece parte per due mandati consecutivi?
«Molto positivo, in particolar modo il primo periodo, quello per intenderci che va dal 1993 al 1997. Detto da me sembrerebbe una autocelebrazione. Nei fatti ho spiegato prima le ragioni di questa positività»
Come vede il futuro di San Benedetto?
«L’attuale crisi finanziaria ed economica ha modificato ed ulteriormente modificherà il tessuto della nostra società. Con grande rabbia credo che si sia bruciata una generazione, quella dei nostri figli. Ho grandi timori e sono molto preoccupato. Ma tutto questo deve, anzi, dobbiamo spazzarlo via. Il futuro di questa città dovrà essere nelle mani di persone capaci e responsabili, piene di inventiva, in grado di guidare e non subire le innovazioni e che letteralmente dovranno capovolgere la città. Mi riferisco all’ambiente, turismo, terziario, settore agroalimentare ed ittico, viabilità e parcheggi, edificabilità innovativa, servizi e pubblica amministrazione, informazione e condivisione. Laddove ad ogni persona, nessuna esclusa, dovrà essere garantita e consentita la propria opportunità».
Ha progetti per un suo ritorno alla vita pubblica della città?
«Sì. Io ed altri stiamo elaborando un progetto che possa ridare alla nostra città tutto il benessere possibile e tutta quella bellezza che la natura, il lavoro, la forza di tanti cittadini le hanno dato. Un progetto che investe gli ambiti che prima ho segnalato e che, innanzitutto, dovrà avere il consenso e l’appoggio dei sambenedettesi. Nella certezza di dovere, a questo punto, e come intuito da un grande uomo americano, dare ascolto non ai dubbi ed alle paure dei cittadini ma alle loro speranze ed aspirazioni più grandi».