SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La storia e i suoi attori. Menti sublimi che muovono i popoli e reggono le redini di un impero immenso e complesso per la multietnicità che lo caratterizza. Condottieri che investono la propria figura di condizione divina. Così fu Gaio Giulio Cesare Caligola Germanico, imperatore dal 16 marzo del 37 al 25 gennaio del 41 d.C. Appartenente alla dinastia giulio-claudia, è stato sempre ricordato dalle fonti storiche come un despota, noto per stravaganza, eccentricità e depravazione. Angelo Filipponi, storico e filologo, nonché autore di numerosi saggi storici, nel suo libro “Caligola il Sublime”, (edito da Cattedrale di Canalini e Santoni, Ancona ottobre 2008), ci presenta una nuova immagine del terzo imperatore romano.
Angelo Filipponi nasce a Folignano nel 1939, ha insegnato all’Istituto Magistrale di Ripatransone e ai licei Classico e Scientifico di San Benedetto del Tronto, città in cui vive.


Professor Filipponi, perché ha scelto di approfondire proprio la figura di Caligola?

«Durante i miei studi sulle origini del Cristianesimo, ho rilevato un buco storico negli anni dal 32 al 36 e, nel tentativo di colmare questo periodo, ho avuto modo di conoscere meglio un importante protagonista dell’imperialismo romano. Diverso dalla concezione che la storia ci ha tramandato. Per questo ho ritenuto doveroso approfondirne la figura sotto un nuovo punto di vista, che tiene conto della sua appartenenza alla dinastia giulio-claudia».

Qual è il Caligola che emerge dalle sue ricerche?
«Un personaggio di grande fascino, un genio della leadership politica e della giurisprudenza. Figlio di Germanico, generale molto amato dal popolo romano morto a 33 ad Antiochia, scampa all’attentato di Elio Seiano, capo dei pretoriani che fa uccidere anche il figlio di Tiberio, grazie a sua nonna Atonia Minor, che ne scopre il progetto, lo rivela a Tiberio che lo fa giustiziare. Nel 37 Tiberio muore e Caligola sale al potere. Ci furono nove mesi di festeggiamenti in tutto l’impero. Il nuovo imperatore è osannato dal popolo e dalle forze militari, ammirato anche dai suoi nemici. Sa gestire la sua popolarità come nessun altro personaggio della storia».

Cosa esprime il concetto di “neoteropoiia” che è alla base della sua rilettura del personaggio Caligola come genio politico e giuridico?

«Il termine neoteropoiia sta ad indicare la sua politica di innovatore e sovvertitore e la sua volontà di guidare l’impero in prima persona, a differenza di Tiberio che ne aveva affidato la gestione a Seiano prima e a Macrone poi. Rafforza l’apparato burocratico tiberiano: costituisce ministeri, affidati a giovani di origine servile abituati alla gestione. Toglie potere ai senatori, che avevano sempre tramato contro gli imperatori e disperso le ricchezze delle province. Organizza pranzi epocali per ingraziarsi i favori delle grandi personalità, realizza costruzioni imponenti come le navi-città di Nemi, lunghe oltre 70 metri e impreziosite con sovrastrutture murarie, bronzi e marmi».

Perché la sua figura è così peculiare?
«Potente e intelligente, Caligola fa del concetto dell’ektheosis, la forza del suo personaggio: asserisce la sua divinità paragonandosi a Zeus. Ipotizza persino di mettere la sua statua all’interno del tempio di Gerusalemme, scontrandosi con il mondo giudaico. Desiste dal suo intento per intercessione del maestro Erode Agrippa, ma il potere senza limiti di cui si era investito minerà la sicurezza della sua vita».

Come muore il “dio” Caligola?

«Ripresosi da un periodo di malattia che aveva tenuto l’impero col fiato sospeso, si rende conto della falsità e della corruzione della corte romana, che non aveva esitato ad ammiccare al giovane Tiberio come possibile successore. Decide allora di trasferire la capitale in Alessandria d’Egitto. Prima della partenza, il 23 gennaio del 41, viene circondato dai pretoriani e assassinato».

Perché la storia lo ha dipinto come “pazzo”?

«Secondo i miei studi, i nemici storici di Caligola sono due: il filosofo Seneca e i Giudei ellenisti, commercianti che dominavano il Mediterraneo e le rotte per l’India e la Cina. Per loro, le idee politico-economiche di Caligola e la sua presenza in Oriente, avrebbero costituito uno scomodo ostacolo».