SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Buoni pasto nelle mense scolastiche gratuiti per i figli dei lavoratori cassintegrati e dei meno abbienti, aumento del fondo di garanzia per gli affitti, estensione della no tax area per l’addizionale Irpef comunale.
Su queste recenti misure anti crisi del Comune, l’opposizione dice la sua. Pasqualino Piunti, esponente di Alleanza Nazionale e già assessore comunale ai Servizi Sociali, critica duramente la manovra voluta dalla giunta e dall’assessore Loredana Emili.
«Con delibera n. 378 del 27 dicembre scorso la giunta decise di aumentare per il terzo anno le tariffe di asili, mense scolastiche, scuolabus e residenze per anziani, dopo che avevano già aumentato del 3,5% (percentuale superiore alla variazione ISTAT) tariffe già tra le più alte delle Marche. Dopo due mesi che cosa è cambiato per far sì che l’Amministrazione comunale decidesse di favorire i meno abbienti con una social card? Nulla. I disoccupati erano 4801 a dicembre 2008 e anche oggi le famiglie che vengono citate ora (157) avevano le stesse difficoltà due mesi fa».
Anche sulle politiche di inserimento lavorativo della Provincia tramite il bando delle work experience Piunti ha parole critiche: «La verità è che a fronte di 1.457 richieste di giovani diplomati e laureati c’è una copertura per circa 150 progetti, quindi una evidente carenza di programmazione e scarsa conoscenza del tessuto sociale viene presentata come una lodevole iniziativa. Un filosofo contemporaneo (Canfora) giustamente dice: è comprensibile che un politico faccia propaganda, l’importante è che non ci creda lui stesso. Aggiungerei: non è giusto fare propaganda sulla pelle dei più deboli perché sia “work experience” che il bonus delle Junior Card (solo per quattro mesi) odorano tanto di campagna elettorale, infatti scadranno a ridosso del voto».
Infine Piunti conclude: «Questa amministrazione se ha davvero a cuore i suoi cittadini crei un fondo anti-crisi serio magari cominciando con il rinunciare agli incarichi, le consulenze e le assunzioni superflue, dando così risposta continuativa anche a chi con un reddito Isee di 450 euro al mese è costretto a pagarsi l’assistenza domiciliare e a quelle famiglie che con 650 euro di reddito sono escluse da qualsiasi sostegno economico. Altrimenti stanziare 35 mila euro – meno di quanto è costato l’arredo degli uffici di sindaco e assessore al sociale – sa tanto di carità pelosa».