SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «La Fondazione non ha fini di lucro e persegue esclusivamente per il territorio di propria competenza scopi di utilità sociale e scopi di promozione dello sviluppo economico»: letto, copiato e riscritto dall’articolo 4 dello Statuto della Fondazione Carisap. Che ora, però – a meno che dal colloquio che sta intercorrendo tra il sindaco Giovanni Gaspari e il presidente della Fondazione Vincenzo Marini Marini non emergano novità a questo punto clamorose – dovrà in qualche modo “aprirsi” davvero alla cosiddetta “opinione pubblica”, per spiegare quello che, negli ultimi 12 mesi (esattamente dal 29 novembre 2007, quando in una inaspettata conferenza stampa Gaspari e Marini Marini si presentarono assieme per spiegare che l’area del Ballarin sarebbe stato oggetto dell’intervento della Fondazione) non è stato spiegato. La Fondazione, come ente privato, può dare tutti gli ultimatum che vuole.

Ma non crediamo che all’immagine sua e della Carisap convenga mostrarsi come un soggetto autoritario, che impone ad una città come San Benedetto un’agenda di scadenze senza aver minimamente spiegato cosa Bernard Tschumi dovrà lì realizzare; o senza che vi sia stata l’indicazione del Consiglio comunale su quello che di necessario ed utile vi è per San Benedetto e per l’intera Riviera (sbagliato non coinvolgere, anche economicamente, Grottammare) in quell’area.

Non è tollerabile che a fronte di un investimento di 10 milioni di euro – ben ripagato, però, dalla gestione degli eventuali introiti della “Cosa” e dalla donazione (o simili) dell’area dell’ex stadio – si dica ad una città «prendere o lasciare». L’avremmo capito se la “Cosa” fosse stata, finalmente, svelata; l’avremmo capito se almeno una piccola frazione di quei dieci milioni di euro fossero preventivamente spesi per progetti e analisi turistico-economiche della Riviera, indirizzate ad individuare la struttura migliore da realizzare (una sala polivalente sì, ma di cosa? Un Palacongressi, e il parcheggio? Un Museo della Civiltà Marina? Un’arena all’aperto?).

Invece, così, San Benedetto desta davvero, dopo un’anno, la penosa immagine di Città dei Balocchi, dove tutto è possibile.