SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Un drammatico fatto di sangue sconvolge la nostra città: Adamo Cipolloni, 47enne di San Benedetto, fioraio che gestiva con la madre un chiosco nei pressi del cimitero di Monteprandone, è stato ucciso a colpi di fucile dal nipote Fabrizio D’Intino, 29enne artigiano di Centobuchi.

Il dramma si è consumato sabato sera intorno alle 22 nell’abitazione di Adamo Cipolloni, in via Chienti 23, dove l’uomo viveva da solo. Il 47enne sambenedettese si trovava nel suo appartamento al primo piano quando il nipote ha suonato al citofono, chiedendogli di affiacciarsi dal balcone. Cipolloni si è sporto dalla veranda, quindi tra i due sarebbe scoppiato un acceso diverbio, poi all’improvviso D’Intino ha estratto il fucile ed ha esploso un colpo contro lo zio, finito contro la vetrata. Il giovane è subito fuggito alla guida della sua auto, un suv Toyota, ma percorsi pochi metri ha innestato la retromarcia, è tornato di fronte all’abiazione dello zio e, sceso dall’auto, ha sparato altri due colpi che hanno raggiunto Cipolloni al torace ed al collo.
Il 47enne ha avuto la forza di rientrare in casa e trascinarsi per qualche metro, poi è caduto a terra privo di vita. Fatale per lui il colpo ricevuto alla gola.

Compiuto il folle gesto, il nipote è salito di nuovo sull’auto ed è fuggito.

Alle ore 22:15, in seguito alle numerose segnalazioni di cittadini che hanno preso nota della targa della vettura, il personale del Commissariato di San Benedetto del Tronto è intervenuto sul posto, e, al primo piano dell’appartamento di via Chienti, ha rinvenuto il cadavere di Adamo Cipolloni che giaceva a terra riverso in una pozza di sangue.

Subito sono scattate ricerche del veicolo, che hanno impegnato numerose volanti della Polizia. Poco dopo le 23.30 è stato individuato il fuoristrada, parcheggiato nelle vicinanze di un bar a Centobuchi, lungo la Salaria. All’interno del locale c’era Fabrizio D’Intino. Alla vista degli agenti il giovane non ha opposto resistenza. Il 29enne ha prima ammesso di essere coinvolto nel delitto, poi ha chiesto ai poliziotti se suo zio fosse effettivamente morto.

Successivamente la Polizia ha effettuato una perquisizione nella sua abitazione per trovare l’arma con cui presumibilmente aveva compiuto l’omicidio, rinvenendo all’interno del garage di proprietà della famiglia un fucile da caccia, marca Breda, calibro 12, di proprietà del padre. I rilievi della Polizia Scientifica hanno accertato che il fucile aveva esploso non tre ma quattro colpi, ipotesi confermata dal ritrovamento di una cartuccia, nascosta dietro alcuni vestiti, all’interno di un armadio. Con ogni probabilità D’Intino, prima di uscire di casa per compiere il delitto, avrebbe sparato un colpo in garage per “testare” l’efficacia dell’arma; ucciso lo zio, sarebbe tornato a casa, riponendo l’arma nel garage, dove il padre era solito lasciarla.

Altro elemento probatorio raccolto a carico dell’artigiano di Centobuchi l’esame dello “Stub“, che ha consentito di rintracciare tracce di polvere da sparo sulla mano che avrebbe imbracciato il fucile.

Nella notte il presunto omicida è stato accompagnato in Questura e quindi interrogato dal Pm Ettore Picardi della Procura di Ascoli ma ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere, riservandosi di farlo nell’interrogatorio previsto per domani. Per Fabrizio D’Intino è stata formulata l’accusa di omicidio premeditato. Il 29enne si trova ora rinchiuso nel carcere di Marino del Tronto.

Sul corpo di Adamo Cipolloni domani, martedì, sarà effettuata l’autopsia dal dott. Claudio Cacaci.

Fabrizio D’Intino abita a Centobuchi con i genitori, due fratelli e la nonna, madre di Adamo Cipolloni. Il presunto omicida e la vittima hanno precedenti per reati legati al possesso di sostanze stupefacenti.

Non è ancora chiaro quali motivi abbiano scatenato la furia omicida del giovane. All’origine del gesto ci potrebbero essere dei dissapori familiari che si protraevano da tempo, forse dovuti a presunti maltrattamenti compiuti da Cipolloni nei confronti della madre. A conferma di ciò, il fatto che la donna aveva lasciato da una settimana l’abitazione che condivideva con il figlio per andare a vivere con l’altra figlia, sorella di Adamo. 

Tuttavia non si esclude che il movente dell’omicidio si possa ascrivere a contrasti di natura economica causati dall’appartamento occupato dalla vittima.

Al di là delle ipotesi, resta lo sgomento per l’accaduto, che ha turbato una comunità solitamente tranquilla.