SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La vendita degli edifici del Comune che, con ampio terreno intorno, stanno lungo il torrente Ragnola – si legge nella nuova (e definitiva?) delibera n. 88 approvata a maggioranza dal Consiglio comunale lo scorso 30 novembre – «potrà avvenire esclusivamente alle seguenti condizioni»:

1) «Il Comune nulla deve a Picenambiente a titolo di lavori di manutenzione e messa a norma, ivi compresi quelli reclamati da Picenambiente e quantificati in euro 150 mila»;

2) «Picenambiente acquista l’immobile (…) rinunciando a tutte le presunte pretese creditorie vantate per gli anni 2000, 2001 e 2002 nei confronti dell’amministrazione comunale».

Ecco dunque la chiave di volta di tutta l’operazione voluta dalla giunta Gaspari: riuscire ad azzerare tutti i precedenti debiti del Comune verso Picenambiente – che ammonterebbero a circa 400 mila euro Iva esclusa (i 150 mila dei lavori di manutenzione, più i 250 mila delle «presunte pretese creditorie», di cui abbiamo già parlato la scorsa settimana su questo giornale e sul nostro settimanale Riviera Oggi) – in cambio di un immobile che sarà venduto alla società partecipata. La quale, per comprare dal Comune, ci pagherà sopra pure la somma di 882.575,76 euro.

Ma che affare è questo? Anzi, da sambenedettesi ignoranti potremmo chiederci: ma che è, n’affare de Cazzette?

Stando infatti al “combinato disposto” di quanto si legge in delibera, a Picenambiente l’immobile in questione – fatte le somme – verrà a costare complessivamente 1 milione 282.575 euro.

E poi perché voler per forza portare a termine un simile “affare” che – attuato con tale fretta e a queste condizioni – rischia piuttosto di assumere tutti i connotati di un vero e proprio affaire? Ribadisce la delibera 88: «La vendita dell’immobile rappresenta un importante obiettivo di questa amministrazione comunale in quanto consente di finanziare a costo zero, ossia senza ricorrere all’indebitamento, alcune spese di investimento ad esclusivo beneficio della collettività amministrata». Grazie, a nome della collettività amministrata. Ma Picenambiente può dire lo stesso per questa (apparente) sòla?

Senza trascurare peraltro un piccolo dettaglio: perché non ricorrere all’indebitamento, se con l’equivalente del canone annuo di affitto di circa 48 mila euro, che oggi per quell’immobile Picenambiente paga al Comune, sarebbe stato possibile ottenere un mutuo trentennale proprio di 880 mila euro? Non sarebbe stata anch’essa un’operazione “a costo zero”?

E se nel caso che in futuro Picenambiente volesse vendere, la delibera 88 stabilisce che «il contratto di vendita dovrà contenere l’espressa previsione del diritto di prelazione in favore del Comune di San Benedetto», allora perché vendere a Tizio una cosa che poi Tizio mi dovrebbe restituire qualora egli la volesse vendere a terzi?

Intanto, in attesa che qualcuno si decida a dare esaurienti risposte a queste domande, ci siamo andati a rileggere un interessante scambio epistolare intercorso fra il Comune e Picenambiente. Tre lettere illuminanti che quel rompiscatole del consigliere comunale Giorgio De Vecchis ha riesumato fra le scartoffie degli archivi e che – lette fra le righe e con un po’ di attenzione – paiono rivelare strane situazioni.

I testi e tutti i particolari su Riviera Oggi n. 657 in edicola da lunedì 11 dicembre.